Il Teatro di Pompeo

 

 

 

 

Il 29 settembre del 55 a.C. a Roma è festa grande.

 

 

Il personaggio più potente del momento, il vincitore degli schiavi ribelli di Spartaco, il trionfatore sui pirati del Mediterraneo, su Siriani, Armeni, Palestinesi, l’uomo che ha portato le legioni romane fino al mar Caspio ed ha triplicato le entrate dello Stato, il console Pompeo, detto da Silla “il grande” festeggia il suo anniversario.

 

Per l’occasione Pompeo regala ai Romani un teatro, il primo teatro in muratura della città, un’opera imponente. Le gradinate sono di eccezionale ampiezza e possono ospitare fino a 40.000 spettatori. Il diametro della cavea è di 150 metri. E’ un teatro-tempio perché sul centro della cavea sporge il podio dell’altissimo tempio a Venere Vincitrice. Dietro il palcoscenico lo sconfinato colonnato di un portico (m.180 x 135), arricchito di quattordici enormi statue delle nazioni da lui sottomesse, circonda un’area con fontane, ninfei e due folti boschi di platani. Il porticato, sotto il quale gli spettatori potranno riparare in caso di pioggia, termina con un grande ambiente proprio davanti ai quattro antichi templi dell’Area Sacra. E’ la Curia di Pompeo per le periodiche riunioni del Senato ed è dominata da una sua grande statua, che lo ritrae con il globo nella mano destra.

 

Come ci riferiscono gli storici Livio e Tacito, la costruzione di teatri stabili nell’Urbe è tassativamente vietata. Nel 154 a.C. il Senato aveva fatto abbattere un teatro in muratura “in quanto inutile e dannoso per i costumi della città.” Per lungo tempo gli spettacoli devono svolgersi su palcoscenici di legno, smontati subito dopo le rappresentazioni. Sono proibiti anche i sedili e gli spettatori seguono gli spettacoli in piedi. L’ostilità della classe aristocratica non è del tutto ingiustificata. Gli spettacoli teatrali sono pieni di oscenità e di allusioni politiche e il pubblico si sente legittimato dalla forza del numero a manifestare con grida, battere di piedi e fischi.

 

I teatri sono causa di degenerazione e di potenziali sommosse.

 

Per aggirare il divieto senatorio Pompeo deve escogitare uno stratagemma. Fa innalzare un grandioso tempio le cui scale di accesso edificate a forma di cavea altro non sono che le gradinate del futuro teatro. La dichiarata funzione sacra dell’edificio lo rende perfettamente legittimo. Ma sui gradini di quell’enorme scalinata i cittadini cominciano a restare sempre più a lungo seduti, voltando le spalle al tempio, proprio come fanno molti oggi sulla scalinata di Piazza di Spagna. E alla fine davanti a loro vedranno comparire il palcoscenico ligneo di un grandioso teatro.

 

 

Di quello che fu il più grande teatro di Roma antica restano tracce nelle fonti letterarie.

Cicerone è presente alla fastosa inaugurazione, ma la descrive in termini critici ad un suo amico. La festa dura cinque giorni. Nel teatro si rappresentano commedie campane e tragedie greche, nelle quali tra l’altro vengono mostrati 600 muli, 3000 recipienti per il vino e caroselli di soldati nelle più svariate uniformi di fanteria e cavalleria.

 

Tutte cose che possono incantare una massa ignorante, ma che lasciano indifferente ed annoiato l’avvocato. Ovidio ricorda lente passeggiate al riparo dalla calura estiva “sotto l’ombra di Pompeo”, alludendo ai boschi di platani circondati dal porticato, che consiglia a uomini e donne desiderosi di incontri. Marziale racconta di un certo Selio, un poveretto per il quale non esiste fortuna più grande di quella di essere invitato alla cena di un ricco. Selio dunque per evitare la magra cena di casa propria va disperatamente alla ricerca di qualcuno che lo inviti. Entra nelle terme dove si lava continuamente, due, tre, quattro volte, assiste di malavoglia ai culti egizi, attraversa gli ampi recinti dove la gente va a votare e si avventura sotto i portici di Pompeo, ma sempre senza alcun esito. Tacito riferisce che dopo più di un secolo dalla costruzione Nerone invita al teatro di Pompeo illustri ospiti barbari per strabiliarli con la grandiosità del monumento.

 

 

Proprio sotto la statua di Pompeo Magno per una beffa del destino cadrà pugnalato il 15 marzo del 44 a.C. Giulio Cesare, il suo più acerrimo nemico. Svetonio ci dice che Augusto farà murare la Curia di Pompeo, il luogo dell’infame uccisione del suo padre adottivo.

 

Gli autori cristiani condannano la costruzione e Tertulliano definisce l’edificio “reggia di tutti gli scandali”, ma il teatro di Pompeo è restaurato ancora nel VI secolo da Teodorico, un imperatore barbarico fortemente romanizzato.

 

Il complesso monumentale di Pompeo ha lasciato anche tracce archeologiche.

 

Del tempio di Venere sono visibili i resti di parte del podio nelle cantine del Palazzo Pio Righetti (ex Palazzo Orsini), quell’alto edificio che si affaccia su Piazza Campo dei Fiori, costruito proprio sulle sostruzioni del tempio..

 

Della scena, che in gran parte occupava l’area dov’è ora la Chiesa di S.Andrea della Valle, è stata trovata a notevole profondità una parte del primo tratto sotto la Chiesa di S.Barbara in Largo dei Librai.

 

Della cavea sorprende vedere ancora il suo andamento perfettamente individuabile nell’impressionante continuità urbanistica degli edifici moderni. La curva interna è in quel semicerchio descritto dalle case di Piazza dei Satiri e di via di Grottapinta, mentre quella esterna si può osservare nell’andamento di via del Biscione e di Piazza Pollaiola. Resti delle sostruzioni e dei cunei di accesso alle gradinate sono visibili nei negozi di via dei Giubbonari e nelle cantine degli stabili di Piazza Grottapinta, Piazza del Paradiso e di Via del Biscione. Notevoli i resti visibili sotto i ristoranti “Da Pancrazio” di Via del Biscione e “Da Costanza” in Piazza del Paradiso. La denominazione “Grotta Pinta” allude probabilmente ai resti sotterranei degli ambienti pompeiani trovati nella zona.

 

 

 

 

 

Del porticato, che delimitava un’area compresa tra le attuali Vie dei Chiodaroli, di S.Anna, di Torre Argentina, del Sudario, Piazza Vidoni e Largo dei Chiavari partendo dai templi repubblicani dell’attuale Largo Argentina, non resta nulla in superficie, se non il tracciato che si può perfettamente indovinare nella fotografia aerea. Sotto il Teatro Argentina c’è una colonna granitica del porticato e resti delle fontanelle che erano nei giardini boscosi del quadriportico. Due statue di Satiri, ora al Museo Capitolino, si sono trovate nella piazza che dai satiri prende nome. Altre due statue alte 4 metri sono ora rispettivamente al Louvre di Parigi ed ai Musei Vaticani, che ospitano un gigantesco Ercole in bronzo proveniente dal complesso pompeiano.

 

 

 

Della Curia resta un grandioso basamento in opera quadrata di tufo visibile alle spalle dei templi B e C di Largo Argentina. Osservando questo reperto dal parapetto situato davanti al moderno teatro Argentina possiamo localizzare con grande approssimazione il luogo in cui è stato assassinato Giulio Cesare.

 

 

 

Se poi vogliamo concludere in modo meno tragico la nostra visita archeologica possiamo scendere tra i resti del teatro di Pompeo dove sono sistemati moderni ristoranti che ci faranno assaggiare i piatti della tipica cucina romana.